Il Senatore Loffreda: “Riflessioni sulla mia doppia eredità di orgoglioso Italo-Canadese”
Il Senatore Loffreda condivide con noi la sua rubrica mensile. Per la sua prima rubrica del 2024, il Senatore ha scelto di scrivere, eccezionalmente, un lungo pezzo in cui riflette sulla sua eredità di canadese di origine italiana e ripercorre con affetto la sua ultima visita in Italia l’estate scorsa per prendere parte alla Marcia per la Memoria e la Pace in onore dei soldati canadesi che parteciparono all’Operazione Husky nel 1943. La visita del Senatore è coincisa anche con l’inaugurazione di un nuovo centro sociale a Muccia e di una nuova residenza studentesca presso l’Università di Camerino per la quale la comunità italo-canadese aveva raccolto fondi dopo i terremoti del 2016 che colpirono l’Italia. In fondo all’articolo, una fotogallery del viaggio del Sentore in Italia.
Mentre ero seduto nella terrazza della nostra camera d’albergo a Rosolini, paesino in provincia di Siracusa, in Italia, la mattina dell’11 luglio 2023 ho preso il mio espresso. Sotto il caldo sole siciliano del mattino, ho ammirato tutta la bellezza che mi circondava. Ho messo via il telefono, cosa che faccio raramente. L’ho fatto per poter abbracciare pienamente il momento e assorbirlo tutto. Sapevo che questa giornata si sarebbe rivelata ricca di emozioni.
Eccomi con Angelina, mia moglie da quasi quarant’anni, vicino alla punta più meridionale della Sicilia, in un viaggio per commemorare coloro che hanno combattuto e hanno sacrificato la vita, durante la Seconda Guerra Mondiale, nell’Operazione Husky. Quando io e Angelina abbiamo deciso di recarci in Italia per partecipare a questo cammino delle memoria, su nostra iniziativa, sapevamo che sarebbe stata un’esperienza commovente e, naturalmente, anche faticosa. Ci siamo sentiti così intensamente e appassionatamente coinvolti in questo progetto che abbiamo deciso di pagare di tasca nostra l’intera visita, senza utilizzare i fondi pubblici disponibili per i viaggi all’estero. È stato commovente vedere così tanti italiani unirsi a noi durante le diverse tappe del nostro viaggio.
Formalmente noto come “Cammino per la Memoria e la Pace” («Walk for Remembrance and Peace, WRAP), e organizzato da Steve Gregory, un montrealese con stretti legami con le forze armate canadesi, questo viaggio attraverso la Sicilia avrebbe preso il via sulle spiagge di Pachino per poi concludersi nello spettacolare paesaggio montano di Adrano. Il nostro gruppo avrebbe letteralmente seguito le orme dei 25.000 coraggiosi uomini della Prima Divisione di Fanteria canadese che si unirono alle forze alleate nell’estate del 1943. Ottanta anni dopo, nell’estate del 2023, centinaia di volontari, militari, civili e Siciliani si sono riuniti – nel corso di tre settimane e lungo 325 chilometri – per rendere omaggio ai soldati canadesi che hanno combattuto per la pace e contribuito a liberare l’Italia dalla morsa di Mussolini e dall’occupazione tedesca.
Durante il nostro viaggio, che abbiamo battezzato «Cammino canadese», sono stati posti dei cartelli commemorativi per ciascuno dei soldati canadesi caduti, 562 in tutto. Ogni giorno ci siamo riuniti per rendere omaggio a coloro che hanno pagato il prezzo più alto alcuni decenni fa. Ad esempio, presso il «Canadian War Cemetery» di Agira, alle lapidi canadesi sono stati finalmente assegnati i volti della maggior parte dei soldati caduti. Il sito contiene le tombe di 490 canadesi, sei dei quali rimangono non identificati a distanza di circa 80 anni. Un uomo del posto, che lavora al cimitero, si è commosso vedendo, per la prima volta, i volti degli uomini coraggiosi che hanno contribuito a liberare il suo paese.
È stato un momento davvero emozionante, che mi ha ricordato il privilegio che abbiamo di vivere nel “Vero Nord Forte e Libero” (“the True North strong and free”). I canadesi danno spesso per scontato il prezzo della guerra e della pace. Nella nostra mente, guerre e conflitti hanno luogo in terre straniere, lontane dai nostri confini, eppure il Canada ha una storia militare ricca e orgogliosa e una ricca tradizione di mantenimento della pace. L’esperienza di una guerra sul nostro territorio ci è estranea. Pur potendo intuire l’impatto disastroso e la distruzione delle guerre sulle nazioni e sui loro popoli, potremmo non cogliere appieno gli effetti a lungo termine che le guerre possono avere sui cittadini. Infatti, ottant’anni dopo, mentre attraversavamo la Sicilia, i residenti ci hanno accolto a braccia aperte e ci hanno elogiato per aver onorato i nostri uomini in uniforme. Molti hanno condiviso con noi storie toccanti sull’eredità che hanno lasciato le forze armate canadesi che hanno dato un contributo significativo e duraturo all’Italia nel momento di maggiore bisogno. Abbiamo ascoltato le testimonianze commosse di famiglie che hanno perso i propri cari durante la guerra. Molte di queste storie mi hanno fatto piangere perché mi hanno toccato da vicino.
Il che mi riporta a quel fatidico 11 luglio della scorsa estate. Il terzo giorno del nostro «Cammino Canadese», da Ispica il nostro gruppo ha camminato per cinque chilometri a nord fino a Rosolini. Nel 1943, la Prima Brigata canadese contribuì a ristabilire l’ordine in questo piccolo paese dove, nonostante la devastazione causata dai bombardamenti navali, i soldati alleati furono accolti con sorrisi, strette di mano e grida di benvenuto e apprezzamento. Allo stesso modo è stato accolto il nostro gruppo, quando quel giorno ci siamo recati nella piazza del paese. Questa volta siamo stati accolti dai Bersaglieri, il Corpo di Fanteria dell’Esercito Italiano. Facilmente riconoscibili per i loro cappelli a tesa larga con grandi piume nere, il reggimento si è unito a noi per la commemorazione.
Mio padre e i miei prozii erano membri di questo corpo di fanteria. Ritrovarmi al loro cospetto in Italia, mentre onoravamo le truppe canadesi e mentre mi rivolgevo alla grande folla accorsa per la cerimonia, è stato sicuramente un momento che ha chiuso un cerchio. Ogni giorno sono grato che mio padre Alfonso, nato nel 1937, non sia mai stato richiamato a combattere per difendere la sua patria negli anni successivi e sia sopravvissuto alla guerra. Purtroppo, però, negli ultimi giorni del conflitto morì come civile mio nonno materno, Nicola D’Onofrio, insieme a suoi tre fratelli che non tornarono mai dal fronte e i cui corpi non furono mai ritrovati. Ad Agira, davanti alle lapidi dei soldati canadesi non identificati, ho rivolto un pensiero speciale ai miei prozii, a cui non è stato mai concesso un degno addio e un luogo di riposo definitivo dove la mia famiglia potesse riunirsi per commemorarli.
Momenti come questi non sono mai mancati durante il nostro viaggio. Gli italiani erano grati della nostra presenza. Tutti coloro con cui ho parlato, ovunque siamo andati, hanno apprezzato il sacrificio dei nostri soldati che hanno attraversato coraggiosamente l’Oceano Atlantico. Hanno viaggiato per migliaia di chilometri verso una terra straniera che molti, probabilmente, conoscevano semplicemente come il grande stivale sul mappamondo. Lì si sono uniti ai nostri partner alleati nella lotta contro la tirannia. Naturalmente, mentre viaggiavamo attraverso le colline e le valli della Sicilia, non ho potuto fare a meno di pensare: e se?… E se nel 1962 i miei genitori non avessero lasciato l’Italia?
La verità è che era difficile vivere nell’Italia del dopoguerra. Quando mio nonno morì in guerra come civile, lasciò in lutto la moglie Veronica. Vedova e con il cuore spezzato, ha dovuto prendersi cura da sola dei suoi sette figli durante un periodo di incertezza globale e di instabilità postbellica. Fu un periodo in cui una nazione distrutta (una delle tante in tutta Europa e altrove nel mondo) doveva ricostruirsi dalle macerie. Molte famiglie hanno continuato a lottare emotivamente e finanziariamente. I tempi erano molto duri.
Mia nonna lasciò il suo meraviglioso paesino di San Gregorio Matese, situato a 60 chilometri a nord di Napoli, che era stato gravemente devastato dalla guerra, e fu costretta a rifarsi una nuova vita. Ha cresciuto in modo straordinario sette persone eccezionali, tra cui mia madre Maria, che aveva solo quattro anni quando perse suo padre. Mi dispiace di non aver mai avuto l’onore di conoscerlo, ma il suo ricordo e il suo sacrificio continuano a vivere ancora oggi. La mia famiglia, come molte famiglie europee le cui Comunità furono distrutte dalla guerra, ha lottato contro la povertà del dopoguerra, ma è sopravvissuta e ha imparato a godere dei piaceri semplici e delle necessità della vita. Valori come il duro lavoro e l’impegno incrollabile, il senso di Comunità, la gentilezza e l’altruismo, la spiritualità, l’integrità e l’umiltà sono stati il fondamento dell’educazione di mia madre. Tutte qualità che le sono state trasmesse da mia nonna Veronica.
Dotati di questi valori fondamentali e determinati ad avere una vita migliore, mia madre e mio padre, che si incontrarono nel 1956 e si sposarono nel 1961, presero la straziante decisione di lasciare l’Italia nel 1962 per trasferirsi in Canada. Per loro, il Canada era una terra di speranza e di sogni, dove avevamo già familiari immigrati a Montréal. Il Canada è sempre stato, e continua ad essere, una terra accogliente e ricca di opportunità. È stato il luogo che ho chiamato casa per tutta la mia vita e non lo vorrei in nessun altro modo.
Ma, come mi sono chiesto prima: e se? Quando mi pongo questa domanda, la prima cosa che mi viene in mente sono i miei genitori e la mia famiglia. Se i miei genitori non avessero mai lasciato l’Italia più di mezzo secolo fa, non sarei dove sono oggi. Il pensiero di avere una vita diversa, senza mia moglie e i miei figli, è inimmaginabile. In verità, il solo pensiero è terrificante.
Se non fosse stato per il coraggio e l’abnegazione dei miei genitori di dare ai propri futuri figli una vita migliore, la mia vita avrebbe preso una strada diversa, forse più tumultuosa. Anche se, per la nostra famiglia, così come per molte giovani famiglie immigrate in Canada, la vita non è stata sempre facile. Sì, il Canada era accogliente e ha permesso alla nostra famiglia di integrarsi con successo nel tessuto sociale canadese, ma grazie al cielo avevamo la bussola morale di mia madre e la resilienza e il fervore di mio padre.
I valori che sono stati instillati nei miei genitori durante quei due decenni in Italia hanno rappresentato il cuore della nostra unione familiare qui in Canada. Questi valori hanno guidato me, mio fratello e mia sorella per tutta la vita, sia a livello personale che professionale. Angelina ed io abbiamo fatto del nostro meglio per trasmettere questi valori ai nostri due figli, ormai adulti. Essere stato in Italia la scorsa estate mi ha riportato alla mente tutti questi vividi ricordi della mia educazione e di tutta la strada che ho percorso. Ho apprezzato sempre moltissimo i sacrifici dei miei genitori e sono grato per la vita che hanno saputo offrirci. Sono particolarmente orgoglioso delle mie origini italiane. Mio padre, infatti, ama ripetere che noi non parliamo l’italiano, ma il dialetto napoletano, cosa che rappresenta una vera e propria testimonianza delle nostre radici storiche a Napoli.
Non c’è alcun dubbio che, se non fosse stato per la ferrea determinazione dei miei genitori, non avrei avuto un’infanzia e un’educazione così piacevoli, e certamente non avrei potuto intraprendere una carriera di successo nel settore finanziario e bancario. Devo tantissimo a loro. Innegabilmente, i miei genitori sono quelli che mi hanno spianato la strada, un mattone alla volta. Come recita un vecchio proverbio, ‘Roma non è stata costruita in un giorno’. A dire il vero, nel corso degli anni, i miei genitori hanno posato con cura ciascun mattone: una lezione qui, un abbraccio lì, un po’ di maniere forti e tanto supporto, sostegno e incoraggiamento lungo il tracciato. La stessa strada che alla fine mi ha portato al Senato del Canada, dove dal 2019 ho il privilegio e il piacere di servire i Canadesi.
Servire i Canadesi è davvero l’onore più grande della mia vita. Restituire qualcosa alla mia Comunità, e ora al mio Paese, ha sempre fatto parte del mio modo di essere. In qualità di alto dirigente bancario, mi è sempre parso normale e naturale restituire a chi è nel bisogno e aiutare le nostre Comunità a prosperare. Raramente mi sono tirato indietro nel contribuire, per conto di RBC, di National Bank o su iniziativa personale, a raccogliere fondi per cause meritevoli, sia qui che all’estero. Quando mi sono recato in Italia la scorsa estate, è stato davvero gratificante assistere in prima persona all’impatto positivo che una particolare iniziativa di raccolta fondi a cui ho partecipato ha avuto su un’intera Comunità. Tutto questo ha contribuito a rafforzare la già solida relazione che lega Canada e Italia.
Non poteva esserci momento migliore. La mia visita in Italia è coincisa con una commemorazione speciale a Muccia e Camerino, due paesi pesantemente colpiti dai terremoti che hanno scosso l’Italia centrale nell’Agosto e nell’Ottobre del 2016. In quell’occasione, per senso di solidarietà nei confronti dei nostri fratelli e sorelle italiani, la Comunità italiana in Canada si è rapidamente mobilitata e ha contribuito a raccogliere oltre due milioni di dollari per gli sforzi di ricostruzione. Questi fondi hanno contribuito alla nascita di nuove strutture all’avanguardia in entrambi i centri urbani: un Centro comunitario a Muccia e una Residenza studentesca all’Università di Camerino. È stato un privilegio partecipare alle cerimonie di inaugurazione e, camminando tra le due strutture, mi sono sentito profondamente orgoglioso della nostra Comunità in Canada. In risposta a un disastro naturale di grandi proporzioni, abbiamo unito le forze per fornire supporto ed assistenza a chi ne aveva bisogno, secondo il tipico stile canadese!
Così come il mio mantra personale è quello di ridare agli altri, i canadesi e gli italiani sono simili nella misura in cui sono popoli generosi e premurosi. Avverto che abbiamo questo senso collettivo di responsabilità civile di tenere uniti i membri della Comunità. Come si suol dire, ‘ci vuole un intero villaggio’! Quando siamo chiamati in causa, rispondiamo sempre all’appello, senza esitazione. È stato così nel 2016 dopo i terremoti ed è stato così ottant’anni fa, quando 25.000 coraggiosi uomini canadesi si unirono alle forze alleate nell’Operazione Husky.
Quando ripenso con affetto al mio viaggio in Italia la scorsa estate, mi viene in mente una frase pronunciata dal Primo Ministro Justin Trudeau il 27 maggio del 2021. Quel giorno il nostro Primo Ministro si è alzato alla Camera dei Comuni ed ha presentato le scuse ufficiali per l’internamento degli Italo-Canadesi durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel suo intervento, ha spiegato come il Canada non avrebbe dovuto dichiarare guerra agli Italo-Canadesi il giorno in cui, nel 1940, la Camera dei Comuni ha dichiarato guerra al regime fascista di Mussolini. Circa 31.000 Italo-Canadesi furono etichettati come “stranieri nemici” e, durante il conflitto, oltre 600 uomini furono arrestati e mandati nei campi di internamento. Erano cittadini che rispettavano la legge e il cui unico “crimine” era rappresentato dai propri antenati.
Nel formulare le scuse agli Italo-Canadesi, il Primo Ministro ha dichiarato:
“Chiediamo scusa. A tutti coloro che sono rimasti colpiti da questo capitolo della nostra storia, ci dispiace. Le vostre famiglie e le vostre Comunità non meritavano questa ingiustizia. E nonostante tutto, nonostante quel periodo buio, voi continuate a guardare al futuro. Ho ascoltato le vostre storie. Abbiamo ascoltato le vostre storie. Di come, una volta rilasciati, i vostri genitori o i vostri nonni hanno lavorato duramente per restituire qualcosa al loro Paese, nonostante il modo in cui il governo li aveva trattati. Ogni azienda fiorente che questi uomini e queste donne hanno ricostruito o ogni ente di beneficenza locale che hanno avviato rappresenta una testimonianza del loro impegno verso il Canada… Sarebbe stato così facile voltare le spalle al Canada. Invece, si sono impegnati per costruirlo. Questa è la loro eredità. Ed è un’eredità che continua a vivere ancora oggi”.
Questa è l’eredità della mia famiglia e di tutta la nostra Comunità! Un’eredità condivisa da entrambi i nostri popoli.
Quando mi trovavo in Sicilia, l’anno scorso, sono rimasto commosso dall’assoluta resilienza degli italiani – di generazione in generazione – che, dopo le atrocità della Seconda Guerra Mondiale, si sono risollevati e hanno ricostruito dalle macerie. Come gli immigrati arrivati in Canada dopo il 1945, hanno affrontato le sfide del dopoguerra con coraggio e convinzione. Come ha ricordato il Primo Ministro, gli Italo-Canadesi si sono impegnati a costruire il Canada, così come hanno fatto gli italiani che si sono impegnati a ricostruire il loro Paese dopo la guerra. Ci sono state diverse difficoltà lungo il percorso, tanti ostacoli e imprevisti da affrontare, ma sono andati avanti.
I miei viaggi in Italia la scorsa estate mi hanno ricordato che questa capacità di superare le lotte e le avversità è qualcosa che i nostri due popoli condividono. In effetti, dalla mia visita nella madrepatria, sono tornato in Canada più grato che mai di avere l’onore di mettere in mostra e rappresentare l’eredità di entrambi i popoli e i valori che condividiamo. A caratterizzarmi è questa doppia eredità. Sono orgoglioso delle mie radici e, in quanto primo Senatore canadese di origine italiana, mi impegno a continuare a promuovere, rafforzare e migliorare le relazioni tra le nostre due nazioni e a collaborare ulteriormente su questioni di reciproco interesse. In definitiva, la nostra visita personale in Italia la scorsa estate – per onorare il Canada e celebrare l’Italia – è stata l’occasione perfetta per rinnovare il senso di appartenenza al nostro patrimonio culturale e per assorbire tutto ciò che è italiano. In un certo senso, è stato un viaggio di riflessione e di apprezzamento che mi ha permesso di fare il punto sulla strada percorsa e di onorare l’eredità dei miei genitori e del nostro popolo.
E se? – Direi che, a questo punto, questa domanda è irrilevante e senza alcun valore. La coraggiosa decisione dei miei genitori di emigrare in Canada mi ha aiutato a diventare la persona che sono oggi.
Onorevole Tony Loffreda
Senatore canadese indipendente (Québec)
Tutte le foto per gentile concessione della famiglia Loffreda, tranne la figura 4 per gentile concessione della Comunicazione del Senato