Ex pm su Messina Denaro:
“Se vuota il sacco,
le istituzioni tremano”
PALERMO – Se vuota il sacco, sono guai per le istituzioni: è probabilmente un pensiero comune e non esplicitato, ma c’è qualcuno che lo dice apertamente. Non uno qualunque. L’ex magistrato antimafia Antonio Ingroia, da alcuni anni impegnato in politica nell’area della sinistra radicale, definisce l’arresto di Matteo Messina Denaro “storico”, ma, aggiunge, “non è la fine della mafia. Con la cattura di Matteo Messina Denaro viene preso l’ultimo dei corleonesi, dunque con il suo arresto, l’arresto di un boss anche lui malato, si cristallizza, si fotografa il declino e la chiusura di una stagione terribile della storia della mafia, della storia del nostro Paese, la stagione delle stragi, la stagione del braccio di ferro dell’organizzazione mafiosa con lo Stato” ha dichiarato ieri l’ex pm all’Adnkronos.
“Non si può che esprimere soddisfazione, dunque, e congratularsi con magistrati e investigatori che hanno coordinato le indagini – osserva Ingroia -, tenendo però saldi i piedi per terra perché non è stato arrestato il ‘capo dei capi’. Messina Denaro non era il ‘capo dei capi’, anche se era il latitante più famoso e più ricercato. Cosa Nostra è ancora viva e vegeta, è ancora un’organizzazione criminale pericolosa. Con questo arresto semplicemente si chiude una pagina della strategia soprattutto armata, violenta e stragista, ma Cosa Nostra ha ripiegato su una strategia più cauta, più moderata e più dedita agli affari anziché allo stragismo”.
Ingroia parla anche di una “copertura istituzionale di cui certamente ha goduto e che gli ha consentito di rimanere latitante per trent’anni”. E, aggiunge, la cattura di Messina Denaro potrà “potenzialmente portare a nuovi sviluppi” sulle stragi di mafia, perché “era l’ultimo custode in libertà dei segreti più terribili sui misteri d’Italia degli ultimi trent’anni, dalla stagione dello stragismo del ’92-’93 in poi. Bisogna capire, e questo lo sanno solo gli investigatori, il contesto in cui è maturato l’arresto, se c’è un sentore lontano che Messina Denaro si sia consegnato o sia stato consegnato. Certamente è singolare che abbia scelto di risiedere così a lungo in una clinica così vicina ai territori dove era normale che venisse ricercato attivamente, e bisogna capire il motivo per il quale questo è accaduto, perché se Messina Denaro vuotasse il sacco probabilmente molti palazzi istituzionali potrebbero tremare”.
Scettico sul ruolo del latitante (ormai ex) anche un altro magistrato, Alfonso Sabella. “Non vedo dei grandi cambiamenti al vertice di Cosa Nostra a seguito dell’arresto di Matteo Messina Denaro perché lui non era il capo assoluto, secondo il mio parere, e poi perché Cosa Nostra ci ha abituato a metabolizzare bene gli arresti che subisce”, ha detto il pm all’AGI.
“L’arresto di Messina Denaro è l’ennesima dimostrazione che lo Stato quando vuole sa fare lo Stato – ha proseguito Sabella -, questa è una storica giornata perché è stato preso l’ultimo dei latitanti siciliani e si chiude una pagina nera che ha prodotto orrori”. Nel corso della sua carriera, Alfonso Sabella ha fatto parte del pool antimafia della Procura di Palermo guidato da Gian Carlo Caselli e ha contribuito alla cattura di numerosi latitanti come Leoluca Bagarella, Giovanni ed Enzo Brusca.
“Penso che Matteo Messina Denaro fosse ancora un personaggio di primissimo piano, certamente un personaggio di spessore e di alto profilo mafioso – ha aggiunto Sabella – ma secondo la mia opinione lui non è mai stato il capo di Cosa Nostra, un po’ per sua scelta e un po’ anche per il cambio di scenario che c’è stato dopo l’arresto di Provenzano che ha riportato il vertice della ‘Cupola’ a Palermo: e Messina Denaro non è palermitano”.