Referendum, Italiani all’estero “esclusi” dal voto: “Serve una commissione d’inchiesta”
Votare per gli Italiani all’estero non è più un diritto, ma un… optional. Sono moltissimi i residenti in Paesi fuori dalla Penisola che non hanno ricevuto i plichi per votare per i referendum sulla giustizia, domenica 12 giugno, come evidenzia Vincenzo Arcobelli (nella foto sopra), presidente del CTIM (Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo) e rappresentante del CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero).
“Inspiegabilmente – spiega Arcobelli – le difficoltà in percentuale per gli italiani residenti all’estero di poter esercitare il proprio voto – diritto sancito dal comma 3, dell’articolo 48 della Costituzione italiana – in questa consultazione coincidente con il referendum abrogativo, si sono moltiplicate in modo allarmante, con segnalazioni provenienti da tutto il globo sulla parziale copertura distributiva dei plichi e di ritardi diffusi”.
Il tasso di partecipazione si prospetta, dunque, ben al di sotto delle aspettative.
“Le ragioni tutte da accertare, auspicabilmente attraverso una commissione di inchiesta parlamentare degna di questo nome”, dice Arcobelli, che aggiunge: “Tuttavia, in questa circostanza, è possibile sostenere che le tradizionali cause, o presunte tali, come l’eccessiva burocrazia richiesta per l’espressione del voto o la disaffezione nei confronti della politica, non sarebbero da annoverarsi tra quelle preponderanti. Cosicché sarebbe gravemente compromessa anche la percezione sull’effettivo interesse partecipativo al voto”.
“A completare il disastro – conclude Arcobelli – l’incosciente disinvoltura, ma solo per questo referendum, del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) nel ‘sopperire al deficit informativo’ – nonostante le segnalazioni di qualche collega consigliere – forse perché legato quasi integralmente proprio a quella componente partitica dei cosiddetti ‘democratici’, considerati tra i maggiori oppositori di questo referendum”.